San Mauro: “Golden power? L’Europa ha estratto il cartellino rosso”.

In questa intervista, l’avvocato e docente universitario analizza il ritiro dell’offerta di UniCredit sulla Popolare di Milano e spiega perché le prescrizioni italiane violerebbero il diritto comunitario.

Fonte: https://ildomaniditalia.eu/san-mauro-golden-power-leuropa-ha-estratto-il-cartellino-rosso/

DI: Alessio Ditta

Professore di Diritto dell’Economia all’Università La Sapienza di Roma, già consulente giuridico presso istituzioni nazionali ed europee, Cesare San Mauro interviene sul caso che ha scosso il sistema bancario italiano: il ritiro dell’Offerta Pubblica di Scambio di UniCredit verso BPM, a seguito delle prescrizioni imposte dal Governo con il golden power.

Professore, cosa rende particolare il caso UniCredit–BPM rispetto ad altre operazioni del risiko bancario?

Nel caso specifico il Governo ha attivato il golden power imponendo una serie di prescrizioni che hanno portato UniCredit a ritirare l’OPS. Tuttavia, tali vincoli non sono stati applicati in operazioni analoghe, come quella del Monte dei Paschi su Mediobanca o della BPER sulla Popolare di Sondrio. Questo solleva dubbi sull’uniformità e sulla legittimità del criterio adottato. È bene ricordare che UniCredit, per struttura e sede, è a tutti gli effetti una banca italiana: lo attestano i depositi, la rete territoriale, il personale, la giurisdizione competente.

La normativa europea ammette strumenti di tutela come il golden power?

Sì, ma con limiti ben precisi. Il golden power nasce per proteggere settori strategici — difesa, telecomunicazioni, infrastrutture essenziali — da acquisizioni che minaccino l’interesse nazionale, soprattutto da capitali extra-UE. L’estensione a settori come finanza e assicurazioni è avvenuta in via eccezionale durante la pandemia. Applicarlo tra operatori europei senza un pericolo grave e attuale significa violare i principi fondamentali dei Trattati, a partire dalla libera circolazione dei capitali.

Quindi l’Italia rischia una procedura d’infrazione?

Assolutamente sì. La lettera della Vicepresidente della Commissione europea, Teresa Ribera, è molto chiara: l’interpretazione italiana del golden power nel caso UniCredit-BPM contrasta con il Regolamento europeo sulle concentrazioni — che ha lo stesso valore della legge — e con lo spirito dei Trattati. Se il Governo manterrà questa linea, non solo rischia pesanti sanzioni, ma alimenta un precedente pericoloso che potrebbe ritorcersi anche contro le imprese italiane all’estero.

E il fatto che anche Francia o Germania pongano vincoli simili?

Non può essere una giustificazione. Se altri Stati pongono ostacoli alle imprese italiane, anche loro agiscono contro il diritto europeo e subiscono condanne. Ma due torti non fanno una ragione. In uno Stato di diritto, non può prevalere la logica del fatto compiuto: alla legge del più forte dobbiamo opporre la rule of law. È questo il segno distintivo dell’Europa a cui apparteniamo.

Cesare San Mauro

Professore associato di Diritto dell’Economia – Università La Sapienza – Roma

SE IL GOLDEN POWER VIOLA LO SPIRITO DEI TRATTATI EUROPEI

FONTE: Milano Finanza

Una delle mosse del risiko bancario si è chiusa in un modo poco brillante e cioè con il muro dell’ops da parte di Unicredit verso Banco Bpm a causa delle prescrizioni imposte dal governo con il golden po-wer.
Conviene, innanzitutto, sottolineare che tali prescrizioni erano state previste solo in questa ops e non in analoghe operazioni come quella del Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca o quella di Bper sulla Popolare di Sondno.
Con l’avvio delle privatizzazioni negli anni “90, per consentire allo Stato che si spogliava della sua funzione di proprietario per divenire regolatore, fu adottata laFarsi share e cioè la previsione che negli Statuti delle società privatizzate fosse prevista una nonma che concedeva al titolare pubblico dell’Azione d’oro la facoltà di rimanere nella gestione della società mediante la nomina di componenti il cda e il Collegio sindacale, il diritto di veto su determinati operazioni societarie e così via.

Tale istituto venne adottato non solo in Italia, ma anche in Francia, in Spagna, in Germania, in Belgio e in Portogallo, La golden share fu dichiarata illegittima in tre diverse sentenze della Corte di Giustizia Ue tra il 2000 e 11/2003 in quanto violava uno dei principi portanti dell’Ue e cioè la libera circolazione dei capitali (nonché delle persone e delle merci) all’interno dell’Unione stessa.

Sulle ceneri della golden share nasce, quindi, l’istituto del Golden power che assegna agli Stati nazionali 1l potere di adottare provvedimenti per impedidire che settori strategici per la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico e l’interesse generale vengano trasferiti a capitalisti privati che non tutelino i preminenti interessi pubblici. Il golden power era originariamente circosenitto ad alcuni settori come la Difesa, lo Spazio, le Telecomunicazioni, venendo poi allargato a tutte le reti e Le infrastrutture non duplicabili.

Solo con la pandemia da Covid (2020) 1l solden power stato allargato i settori della salute, dell’agroalimentare e infine della finanza e delle assicurazioni. Nel caso Unicredit-Bpm si è dapprima sostenuta la sua applicabilità sostenendo che Unicredit non fosse una banca di proprietà italiana. È pur vero che il flottante in borsa è al momento per circa i due terzi in mano a grandi fondi d’investimento americani e inglesi, ma la nazionalità di una banca non può essere attribuita al soggetto che in un dato momento possiede la maggioranza delle azioni; si deve piuttosto fare riferimento al valore economico dei depositi, agli impieghi, al ricavi, alla presenza di filiali e agenzie, ai dipendenti, alla sede legale, alla giurisdizione competente, tutti elementi che ci fanno affermare che Unicredit sia una banca italiana.

Si è poi esaminata (come negli altri casi del risiko bancario) l’ops nel mentoda parte del competente Nucleo di esperti presso la presiden- za del Consigliodei ministri, L’imposizione di nu- merosi prescrizioni da parte del Nucleo e la successiva ratifica governativa di questa linea da parte del Consiglio dei mimistri (con la ferma opposizione di Antomo Lajam e dei ministri di Forza Italia) ha trovato una prima siemificativa censura nella pronuncia del Tar del Lazio che ha dichiarato parzialmente illegittimo il decreto applicativo del golden power al caso di specie, ma tutta un ampia e articolata contestazione della sua applicabilità nella lettera di 80 pagine spedita dalla vice-presidente della Commissione Europea Teresa Ribera al governo Italiano nella quale si sostiene che l’interpre- tazione italiana del solden power violi non solo il regolamento sulle concentrazioni ma gli stessi spiriti e ratio dei Trattati istitutivi che prevedono la libera circolazione dei capitali nell’Unione. Né può valere l’argomento che anche altri Stati (come la Francia e la Germania) pongono vincoli e limiti alle imprese italiane che intendono acquistare 1mprese nel loro Paesi. Quando essi lo fanno si pongono anche loro in conflitto con il diritto euro unitario e anch’essi subiscono pesanti sanzioni e condanne da parte degli organi di giustizia dell’Unione Europea.

Cesare San Mauro professore di Dintto dell’Economia Università La Sapienza- Roma

L’istituto di Orcel non è stranieroL’Italia rischia sanzioni e pesanti multe

Parla Cesare San Mauro, professore di diritto del Mercato a La Sapienza

Il golden power sull’Ops di Unicredit su Banco Bpm rappre senta una violazione delle norme Ue e la commissione ha fatto bene a intervenire.

È questa l’opinione di Cesare San Mauro, professore di diritto del Merca to e degli Strumenti Finanziari dell’Università La Sapienza. Professore però Palazzo Chigi la pensa diversamen te. Addirittura il ministro Salvini ha detto che Unicre dit è una banca straniera e quindi il golden power è le gittimo. E allora? «Mi domando come pos sa essere definita “straniera” una società come Uni credit ad azionariato diffu so con un capitale flottante pari al 100% delle azioni, quotata alla Borsa di Milano con una rete di sportelli e con un volume di raccolta e di impieghi maggiormente presenti sul territo rio italiano». Il problema però resta: Palazzo Chigi ha applicato il golden power come se fossi mo in presenza di una banca straniera.

Che facciamo?

Credo che in questo caso l’errore sia duplice: il primo perché Unicredit non è una banca straniera e secondo che il golden power non si può ap plicare perché, come ha rileva to la Commissione rappresen ta una violazione della norma che sancisce la libera circolazione dei capitali all’inter no della Ue». Il Tar del La zio con la sen tenza di sabato ha tracciato una terza via: non ha dichiarato l’illegittimità del golden power ma l’ha azzop pato. Non trova che ci sia un po’ troppa confusione? «La sentenza del Tar riflette sulla legittimità del golden po-wer ma non prende il toro per le corna. Non lo boccia però impone la riscrittura. Vedre mo ora il nuovo testo anche al la luce dei rilievi espressi dalla Commissione». Tema controverso: solo di spute fra giuristi o c’è dell’altro? «Vede il golden power ha un’origine lontana. Nasce dalla golden share, l’azione d’oro che l’Italia utilizzò al momento delle privatizzazioni degli an ni ’90. Era un modo individua to dal governo per evitare che le aziende appena vendute dal lo Stato finissero in mani inap propriate».

E poi?

«Poi la Corte di Giustizia eu ropea bocciò la golden share e condannò diversi Paesi fra cui l’Italia a pesanti multe». Da qui nacque il golden po wer. «Lo scopo è quello di impedi re la cessione o comunque atti di straordinaria amministra zione di imprese operanti in settori strategici a capitali co siddetti stranieri. Per esem pio, lo stop imposto ai cinesi di Sinochem su Pirelli. Infatti, i settori strategici, originaia-mente circoscritti alla difesa e alla sicurezza nazionale, han no trovato un successivo si gnificativo ampliamento nelle reti infrastrutturali, nell’energia, nelle tecnologie, nella sanità, nelle telecomuni cazioni, nei settori finanziari e assicurativi e persino nel set tore agroalimentare». Se la Commissione euro pea rileva l’irregolarità del golden power su Unicredit che cosa rischia l’Italia? «Probabilmente una proce dura d’inflazione e pesanti multe». Però altro ve fanno peggio: pen si al governo tedesco che difende Commer zbank o a suo tempo i francesi che bloccarono la vendita dei cantieri St Na zaire a Fincantieri. «Questi sono atti di forza e in qualche caso anche prepo tenza da parte dei governi. Io parlo di diritto».

Israele riapre i valichi per gli aiuti a Gaza mentre le tensioni si intensificano

In risposta alle crescenti pressioni e alla crisi umanitaria che si sta verificando a Gaza, Israele ha annunciato la riapertura del valico di Erez e l’utilizzo del porto di Ashdod per consegnare aiuti tanto necessari alla regione. Questa decisione segue un appello del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che ha sottolineato l’importanza degli sforzi umanitari e della protezione delle vite civili nelle zone di conflitto.

L’escalation recente delle tensioni tra Israele e Gaza ha suscitato preoccupazione a livello globale, con il timore di ulteriori violenze e instabilità che affliggono la regione. Il presidente Biden, in una recente conversazione con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha sottolineato la necessità di un approccio articolato che ponga al centro sia le preoccupazioni di sicurezza che gli imperativi umanitari.

Netanyahu ha assicurato al presidente Biden delle capacità difensive di Israele, impegnandosi a facilitare il passaggio degli aiuti umanitari attraverso il valico di Erez. Inoltre, Israele si è impegnato a utilizzare il porto di Ashdod per rafforzare gli sforzi di aiuto in risposta alle pressanti richieste del presidente Biden.

Gli Stati Uniti e le Nazioni Unite hanno accolto con favore la decisione di Israele, riconoscendo l’importanza di un aumento degli aiuti umanitari nel mitigare le sofferenze della popolazione civile di Gaza. Tuttavia, entrambe le entità hanno sottolineato l’urgente necessità di sforzi continui per affrontare la più ampia crisi umanitaria e garantire una completa cessazione delle ostilità.

In mezzo a questi sviluppi, le tensioni tra Israele e l’Iran continuano a covare, con recenti incidenti in Siria che sollevano preoccupazioni per la stabilità regionale e la sicurezza.

Poiché la situazione in Medio Oriente rimane fluida e imprevedibile, soluzioni diplomatiche e un impegno per il rispetto dei diritti umani restano fondamentali per navigare le complessità del conflitto e promuovere una pace duratura nella regione.