FONTE: Milano Finanza
Una delle mosse del risiko bancario si è chiusa in un modo poco brillante e cioè con il muro dell’ops da parte di Unicredit verso Banco Bpm a causa delle prescrizioni imposte dal governo con il golden po-wer.
Conviene, innanzitutto, sottolineare che tali prescrizioni erano state previste solo in questa ops e non in analoghe operazioni come quella del Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca o quella di Bper sulla Popolare di Sondno.
Con l’avvio delle privatizzazioni negli anni “90, per consentire allo Stato che si spogliava della sua funzione di proprietario per divenire regolatore, fu adottata laFarsi share e cioè la previsione che negli Statuti delle società privatizzate fosse prevista una nonma che concedeva al titolare pubblico dell’Azione d’oro la facoltà di rimanere nella gestione della società mediante la nomina di componenti il cda e il Collegio sindacale, il diritto di veto su determinati operazioni societarie e così via.
Tale istituto venne adottato non solo in Italia, ma anche in Francia, in Spagna, in Germania, in Belgio e in Portogallo, La golden share fu dichiarata illegittima in tre diverse sentenze della Corte di Giustizia Ue tra il 2000 e 11/2003 in quanto violava uno dei principi portanti dell’Ue e cioè la libera circolazione dei capitali (nonché delle persone e delle merci) all’interno dell’Unione stessa.
Sulle ceneri della golden share nasce, quindi, l’istituto del Golden power che assegna agli Stati nazionali 1l potere di adottare provvedimenti per impedidire che settori strategici per la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico e l’interesse generale vengano trasferiti a capitalisti privati che non tutelino i preminenti interessi pubblici. Il golden power era originariamente circosenitto ad alcuni settori come la Difesa, lo Spazio, le Telecomunicazioni, venendo poi allargato a tutte le reti e Le infrastrutture non duplicabili.
Solo con la pandemia da Covid (2020) 1l solden power stato allargato i settori della salute, dell’agroalimentare e infine della finanza e delle assicurazioni. Nel caso Unicredit-Bpm si è dapprima sostenuta la sua applicabilità sostenendo che Unicredit non fosse una banca di proprietà italiana. È pur vero che il flottante in borsa è al momento per circa i due terzi in mano a grandi fondi d’investimento americani e inglesi, ma la nazionalità di una banca non può essere attribuita al soggetto che in un dato momento possiede la maggioranza delle azioni; si deve piuttosto fare riferimento al valore economico dei depositi, agli impieghi, al ricavi, alla presenza di filiali e agenzie, ai dipendenti, alla sede legale, alla giurisdizione competente, tutti elementi che ci fanno affermare che Unicredit sia una banca italiana.
Si è poi esaminata (come negli altri casi del risiko bancario) l’ops nel mentoda parte del competente Nucleo di esperti presso la presiden- za del Consigliodei ministri, L’imposizione di nu- merosi prescrizioni da parte del Nucleo e la successiva ratifica governativa di questa linea da parte del Consiglio dei mimistri (con la ferma opposizione di Antomo Lajam e dei ministri di Forza Italia) ha trovato una prima siemificativa censura nella pronuncia del Tar del Lazio che ha dichiarato parzialmente illegittimo il decreto applicativo del golden power al caso di specie, ma tutta un ampia e articolata contestazione della sua applicabilità nella lettera di 80 pagine spedita dalla vice-presidente della Commissione Europea Teresa Ribera al governo Italiano nella quale si sostiene che l’interpre- tazione italiana del solden power violi non solo il regolamento sulle concentrazioni ma gli stessi spiriti e ratio dei Trattati istitutivi che prevedono la libera circolazione dei capitali nell’Unione. Né può valere l’argomento che anche altri Stati (come la Francia e la Germania) pongono vincoli e limiti alle imprese italiane che intendono acquistare 1mprese nel loro Paesi. Quando essi lo fanno si pongono anche loro in conflitto con il diritto euro unitario e anch’essi subiscono pesanti sanzioni e condanne da parte degli organi di giustizia dell’Unione Europea.
Cesare San Mauro professore di Dintto dell’Economia Università La Sapienza- Roma