Cesare San Mauro Intervistato a Radio RAI 1 su Zapping
Negli ultimi tempi, il panorama finanziario italiano è stato scosso da una vicenda che ha visto protagoniste due delle principali banche del Paese: Unicredit e Banco BPM. L’intenzione di Unicredit di acquisire BPM è stata bloccata dall’intervento del governo italiano, che ha invocato il controverso strumento del “Golden Power”. Ma di cosa si tratta esattamente e perché la sua applicazione in questo caso ha sollevato non poche perplessità?
Per fare chiarezza su questa complessa materia, abbiamo approfondito la questione con Cesare San Mauro, docente di diritto dell’economia presso l’Università La Sapienza di Roma.
Cos’è il Golden Power e da dove viene?
Il concetto di “Golden Power” affonda le sue radici nella “Golden Share” (azione d’oro), uno strumento introdotto all’epoca delle privatizzazioni in Europa. La Golden Share consentiva agli Stati nazionali poteri speciali sulle società privatizzate, come la nomina di membri nei consigli di amministrazione o nei collegi sindacali. Tuttavia, come sottolineato da San Mauro, la Corte di Giustizia Europea ha dichiarato questa pratica illegittima attraverso tre sentenze fondamentali, poiché violava i trattati istitutivi dell’Unione Europea sulla libera circolazione dei capitali.
In risposta a queste pronunce è nato il “Golden Power”. Originariamente, prima della pandemia di Covid-19, la sua applicazione era limitata a settori merceologici strategici ben definiti, come la difesa militare, i satelliti e le infrastrutture. È stato solo durante la pandemia che il suo raggio d’azione è stato ampliato per includere anche settori come l’agroalimentare, le banche e le assicurazioni. Tuttavia, anche con questa espansione, il principio fondamentale della libera circolazione dei capitali rimane centrale.
L’uso distorto e le sue conseguenze
Secondo il professor San Mauro, il problema attuale risiede in un’applicazione a suo avviso “illegittima” del Golden Power. Si è consolidata l’abitudine, non solo in Italia ma anche in altri Paesi europei, di notificare qualsiasi tipo di acquisizione a un apposito nucleo di valutazione, in Italia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il punto cruciale è che il Golden Power dovrebbe valere solamente per i capitali provenienti da fuori dell’Unione Europea. Ovvero, se un investitore extra-UE (statunitense, russo, cinese) intende acquisire un’azienda italiana in settori strategici, è giusto che il governo possa valutare l’opportunità dell’investimento. Ma, come nel caso di Unicredit, se l’operazione riguarda soggetti all’interno dell’Unione Europea o, peggio, nazionali, l’applicazione del Golden Power diventa “assolutamente illegittima”.
Unicredit, sebbene abbia una componente significativa di azionisti stranieri, è chiaramente una banca italiana, con la maggior parte delle sue attività, dei suoi risparmi e dei suoi dipendenti concentrati in Italia. Definirla “americana” basandosi solo sul flottante attuale in borsa sarebbe fuorviante.
Questa interpretazione restrittiva è stata supportata da una recente sentenza del TAR Lazio e, in modo ancora più incisivo, da una lettera di 80 pagine della vicepresidente della Commissione Europea, Teresa Libera, che ha chiaramente contestato l’uso “distorto” italiano del Golden Power. Dietro all’intervento del governo, si intravede l’idea di voler dirigere il mercato per creare un terzo polo bancario italiano più solido, magari unendo realtà come Monte dei Paschi di Siena, Banco BPM e Mediobanca.
Nonostante alcune dichiarazioni “estemporanee” di ministri come Salvini e Giorgetti e la maggioranza dei voti del Consiglio dei Ministri a favore dell’applicazione del Golden Power, è importante notare che Forza Italia e altri ministri del governo hanno votato contro questa mossa.
I rischi per l’Italia
L’uso improprio del Golden Power comporta rischi significativi per l’Italia. Il professor San Mauro avverte che il Paese potrebbe incorrere in sanzioni “gigantesche” e multe salatissime dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, un’istituzione molto rigorosa su questi temi, come dimostrato dalle sue precedenti sentenze che hanno plasmato il diritto comunitario.
La vicenda Unicredit-BPM non è solo un caso isolato, ma un precedente che potrebbe indicare una tendenza all’applicazione eccessiva e potenzialmente illegittima del Golden Power anche in operazioni minori, perfino tra banche e assicurazioni italiane. Questo scenario rischia di mettere l’Italia in una posizione vulnerabile a livello europeo, violando i principi fondamentali del mercato unico e della libera circolazione dei capitali su cui si fonda l’Unione Europea.


