Il Consiglio di Stato conferma la decadenza degli incentivi per Etea Energia s.r.l.

Nella vertenza, Etea Energia S.r.l. affiancata dagli avvocati Claudio Vivani e Simone Abellonio; il GSE S.p.A. assistito dagli avvocati Cesare San Mauro e Antonio Pugliese.

Il Consiglio di Stato, Sezione Seconda, ha emesso una sentenza riguardante il ricorso presentato da Etea Energia s.r.l. contro il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) s.p.a. La vicenda riguarda la decadenza degli incentivi derivanti dal meccanismo dei Titoli di Efficienza Energetica (TEE), noti anche come Certificati Bianchi, per un progetto di efficientamento energetico.

Etea Energia s.r.l., una Energy Services Company (ESCO), aveva presentato al GSE una Proposta di Progetto e Programma di Misura (PPPM) per un sistema di captazione e distribuzione di vapore spillato da una turbina, destinato all’uso nel processo di produzione del riso presso la società Riso Viazzo s.r.l. Il GSE aveva inizialmente approvato la PPPM e le successive Richieste di Verifica e Certificazione a Consuntivo (RVC), riconoscendo i relativi TEE.

Tuttavia, nel 2015, il GSE ha avviato un procedimento di controllo, concludendo che il progetto non disponeva dei requisiti per il riconoscimento degli incentivi. Il GSE ha rilevato che l’intervento faceva parte di un impianto termoelettrico già incentivato con Certificati Verdi e che non vi era un risparmio energetico addizionale. Di conseguenza, il GSE ha annullato i TEE emessi e ha richiesto la restituzione degli incentivi.

Etea Energia s.r.l. ha impugnato il provvedimento, sostenendo che il GSE avesse agito in violazione dei presupposti dell’autotutela amministrativa e che l’intervento fosse addizionale e non cumulasse incentivi. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto il ricorso, confermando la legittimità dell’operato del GSE.

Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza di primo grado, ritenendo che il GSE avesse esercitato correttamente il potere di decadenza previsto dall’art. 42 del d.lgs. 28/2011. Ha inoltre stabilito che il progetto di Etea Energia s.r.l. non soddisfaceva i requisiti di addizionalità e che vi era un cumulo di incentivi tra Certificati Verdi e Certificati Bianchi.

In conclusione, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello di Etea Energia s.r.l., confermando la decadenza degli incentivi e la richiesta di restituzione degli stessi. Le spese del giudizio sono state poste a carico di Etea Energia s.r.l.

Professionisti coinvolti nell’operazione: Abellonio Simone – Renna & VivaniSan Mauro Cesare – Cesare San MauroVivani Claudio – Renna & Vivani;

Studi Legali: Cesare San MauroRenna & Vivani;

Clienti: Etea Energia S.r.l.Gse – Gestore dei Servizi Energetici;

ARERA: la bussola per orientarsi nel mondo dell’energia, dell’acqua e dei rifiuti

L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), istituita nel 1995, è un’autorità amministrativa indipendente italiana che svolge un ruolo cruciale nella regolamentazione dei settori dell’energia elettrica, del gas, del servizio idrico integrato e dei rifiuti urbani. La sua missione principale è garantire la tutela dei consumatori e promuovere la concorrenza nei mercati di riferimento, assicurando al contempo la sostenibilità ambientale.  

Finalità e poteri dell’ARERA

L’ARERA opera con l’obiettivo di:

  • Tutela dei consumatori: Assicurando tariffe eque, servizi di qualità e trasparenza nelle informazioni.
  • Promozione della concorrenza: Favorendo un mercato libero e concorrenziale, a beneficio dei consumatori.
  • Sostenibilità ambientale: Incentivando l’efficienza energetica e la gestione sostenibile delle risorse.

Per perseguire questi obiettivi, l’ARERA dispone di ampi poteri, tra cui:

  • Potere di regolazione: Stabilisce le regole per il funzionamento dei mercati, definendo tariffe, standard di qualità e obblighi per gli operatori.
  • Potere di vigilanza e controllo: Monitora l’operato degli operatori, verificando il rispetto delle normative e sanzionando eventuali violazioni.
  • Potere di consulenza: Fornisce pareri e proposte al Governo e al Parlamento in materia di energia, reti e ambiente.
  • Poteri di tipo para-giurisdizionale: ARERA ha anche la facoltà di risolvere controversie tra operatori e consumatori.

Settori di intervento

L’attività dell’ARERA si articola in diversi settori:

  • Energia elettrica: L’ARERA regola il mercato dell’energia elettrica, dalla produzione alla vendita, garantendo la concorrenza e la tutela dei consumatori. In questo settore, l’autorità ha un ruolo fondamentale nel processo di liberalizzazione del mercato elettrico, e deve affrontare le sfide della crisi energetica, mirando al futuro con lo sviluppo delle energie rinnovabili.
  • Gas: L’ARERA disciplina il mercato del gas naturale, dalla produzione all’importazione, dal trasporto alla distribuzione e alla vendita al dettaglio. In questo settore, l’autorità si occupa della regolazione della filiera del gas, assicurando la concorrenza e la sicurezza degli approvvigionamenti.
  • Servizio idrico integrato (SII): L’ARERA definisce le tariffe e gli standard di qualità per il servizio idrico integrato, garantendo l’accesso all’acqua potabile e la gestione sostenibile delle risorse idriche. In questo settore, l’autorità si occupa della disciplina nazionale dell’acqua e del Servizio Idrico Integrato (SII), soffermandosi sulla governance e sulla regolazione del servizio idrico integrato (SII).
  • Rifiuti urbani: L’ARERA regola la gestione dei rifiuti urbani, promuovendo la raccolta differenziata, il riciclo e lo smaltimento sostenibile. L’autorità, in questo ambito, si preoccupa di far rispettare i principi europei in materia di gestione dei rifiuti, assicurando una governance multilivello del settore e una regolazione indipendente.

Tutela dei consumatori

L’ARERA pone una particolare attenzione alla tutela dei diritti dei consumatori, garantendo:

  • Trasparenza delle tariffe e delle condizioni contrattuali.
  • Qualità dei servizi erogati.
  • Informazioni chiare e complete.
  • Meccanismi di risoluzione delle controversie.

In conclusione, l’ARERA svolge un ruolo essenziale per il corretto funzionamento dei mercati dell’energia, del gas, dell’acqua e dei rifiuti, assicurando la tutela dei consumatori e la sostenibilità ambientale.

Scopri il “Manuale di diritto delle reti nei mercati regolati”

Se vuoi approfondire le dinamiche giuridiche, economiche e tecniche delle infrastrutture italiane, il libro di Cesare San Mauro è un riferimento indispensabile.
“Manuale di diritto delle reti nei mercati regolati” (Giappichelli, 2024) offre:

  • Un’analisi multidisciplinare di energia, trasporti, comunicazioni e acqua.
  • Approfondimenti su privatizzazioni, società miste e Golden Power.
  • Prospettive future per un’Italia più efficiente e sostenibile.

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Reti e trasporti in Italia, tra società miste e Golden Power

Un’analisi con il contributo del Prof. Cesare San Mauro, autore del “Manuale di diritto delle reti nei mercati regolati”

Lo Stato delle Infrastrutture Italiane: Un Quadro Complesso

L’Italia vanta una rete infrastrutturale estesa, con autostrade, ferrovie, porti e aeroporti, ma deve affrontare criticità storiche come l’obsolescenza delle reti e una gestione frammentata. Cesare San Mauro, professore universitario e avvocato cassazionista, sottolinea come la rete autostradale italiana, progettata un secolo fa, necessiti di un urgente ammodernamento per rispondere alle esigenze moderne, soprattutto nel trasporto merci, dove l’87% viaggia su gomma contro il 70% della Germania, per esempio.

Società a Partecipazione Pubblica e Gestione delle Reti

Premesse sulle Società Miste

Le società miste, che combinano capitale pubblico e privato, svolgono un ruolo chiave nella gestione delle infrastrutture. San Mauro, nel suo Manuale di diritto delle reti nei mercati regolati, analizza come queste realtà siano fondamentali per bilanciare efficienza e interesse pubblico, soprattutto in settori strategici come energia e trasporti.

Evoluzione e Tipologie

Dagli anni ’90, con le privatizzazioni autostradali, si è passati da un modello totalmente pubblico a uno ibrido. Cassa Depositi e Prestiti (CDP) ha assunto un ruolo centrale, acquisendo quote di società concessionarie, come nel caso della Salerno-Reggio Calabria (gestita da Anas) e della Roma-Milano (controllata da CDP) .

Le Società “In House”

Queste società, interamente controllate da enti pubblici, garantiscono flessibilità nella gestione dei servizi locali. Tuttavia, i rischi di opacità e inefficienza, suggeriscono l’importanza di nuove regole chiare per evitare distorsioni del mercato.

I Golden Power

Il Golden Power, strumento di difesa degli asset strategici, è stato recentemente al centro del dibattito su operazioni come l’OPA di Unicredit su BPM. San Mauro critica l’uso strumentale di questo meccanismo, evidenziando come sia essenziale distinguere tra controllo effettivo e mere partecipazioni azionarie per evitare conflitti.

Autostrade e Ferrovie: Tra Privatizzazioni e Nuove Leggi

La legge sulla concorrenza del 2024 segna una svolta per le autostrade: istituisce un’autorità indipendente per regolare tariffe e investimenti e promuove l’intermodalità, riducendo la dipendenza dal trasporto su gomma. Intanto, il piano Delrio (2014-2020) mira a potenziare le ferrovie meridionali, con 1,8 miliardi di euro destinati al Sud, sebbene restino sfide legate alla frammentazione geografica e alla resistenza dei trasportatori locali.

Verso un Futuro Sostenibile

Per San Mauro, la chiave è investire in innovazione e integrazione:

  • Modernizzare le reti ferroviarie per ridurre il traffico merci su gomma.
  • Potenziare porti e aeroporti con tecnologie digitali, come dimostra l’esempio delle dogane informatizzate.
  • Promuovere veicoli elettrici e sistemi di pagamento automatizzati nelle autostrade.

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Se vuoi approfondire le dinamiche giuridiche, economiche e tecniche delle infrastrutture italiane, il libro di Cesare San Mauro è un riferimento indispensabile.
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  • Un’analisi multidisciplinare di energia, trasporti, comunicazioni e acqua.
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  • Prospettive future per un’Italia più efficiente e sostenibile.

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I limiti del golden power nel risiko bancario, di Cesare San Mauro

Sono rimasto molto colpito dall’affermazione di un membro del governo che contro la opa di Unicredit su Bpm possa esercitarsi il golden power, con l’argomentazione che Unicredit sia un’impresa a capitale straniero. Molto è stato scritto sulla trasformazione, originata dalle molteplici censure della Corte di giustizia dell’Unione Europea, della golden share, legata a una partecipazione societaria pubblica nella società cessionaria, nel golden power, che si regge sul potere attribuito al governo di impedire la cessione o comunque atti di straordinaria amministrazione di imprese operanti in settori strategici a capitali cosiddetti stranieri.

I settori strategici, originariamente circoscritti alla difesa e alla sicurezza nazionale, hanno trovato un successivo significativo ampliamento nelle reti infrastrutturali, nell’energia, nelle tecnologie, nella sanità, nelle telecomunicazioni, nei settori finanziari e assicurativi e persino nel settore agroalimentare. Resta fermo però il principio che tale istituto possa trovare applicazione solo in caso di rischio per la sicurezza e l’ordine pubblico e per la tutela dell’interesse nazionale in settori e filiere strategiche. I progressivi ampliamenti settoriali han fatto sì che nella prassi economica vengano notificate al governo acquisizioni, cessioni, fusioni, atti di straordinaria amministrazione effettuate da imprese italiane o da investitori italiani relative ad imprese e società anch’esse italiane. Orbene tale prassi, dettata dall’evitare il rischio di una sanzione per la mancata notifica, va ben oltre la ratio e la lettera della norma sul golden power. Ciò premesso appare lecito chiedersi se possa essere definita «straniera» una società come Unicredit ad azionariato diffuso con un capitale flottante pari al 100% delle azioni, quotata alla Borsa di Milano con una rete di sportelli e con un volume di raccolta e di impieghi maggiormente presenti sul territorio italiano. Mi corre l’obbligo di affermare che, nonostante avversa dottrina, a mio modesto avviso il golden power non è applicabile ai capitali provenienti dall’Ue, perché in tal caso ci troveremmo in una palese violazione delle norme eurounitarie in materia di libera circolazione dei capitali e tale applicazione sarebbe censurata dalla Corte di Giustizia di Lussemburgo. Rammento che un’ipotizzata applicazione di tale istituto all’acquisizione da parte della francese Safran della Microtecnica non ha poi trovato applicazione. È certamente vero che a oggi il 38% del capitale di Unicredit faccia riferimento a investitori provenienti dagli Stati Uniti e un ulteriore 26% a investitori del Regno Unito, ma questa situazione ha un carattere fotografico e non dinamico, se si riflette che il 100% delle azioni è quotato. Se dunque l’elemento della proprietà contingente non è dirimente, esso, proprio per l’assenza di un azionista di riferimento stabile, difficilmente può qualificare come straniera un’impresa. Più logicamente per attribuire una nazionalità ad una banca dovremo fare riferimento alla sua sede legale, alla vigilanza della Banca Centrale Europea, al controllo della Consob, alla sottoposizione al giudice italiano dei suoi contenziosi, alla cittadinanza dei suoi dipendenti, alle citate provenienze dei risparmi raccolti e alle nazionalità delle imprese e delle famiglie che attingono ai suoi finanziamenti.

Altro e diverso discorso è la difesa dell’indipendenza e dell’identità di un istituto come Banco Bpm, che da sempre opera nel territorio con una forte integrazione economica e sociale. Ciò può essere correttamente perseguito ma non con il golden power.

*professore di diritto del Mercato e degli Strumenti Finanziari Università La Sapienza Roma

Unicredit è straniera? Il Golden Power sotto la lente del prof. Cesare San Mauro

Sono rimasto molto colpito dall’affermazione di un membro del Governo che avverso la OPA di Unicredit su Bpm possa esercitarsi il golden power con l’argomentazione che Unicredit sia un’impresa a capitale straniero.

Molto è stato scritto sulla trasformazione, originata dalle molteplici censure della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, della golden share, legata ad una partecipazione societaria pubblica nella società cessionaria, nel golden power, che si regge sul potere attribuito al Governo di impedire la cessione o comunque atti di straordinaria amministrazione di imprese operanti in settori strategici a capitali c.d. stranieri.

I settori strategici, originariamente circoscritti alla difesa e alla sicurezza nazionale, hanno trovato un successivo significativo ampliamento nelle reti infrastrutturali, nell’energia, nelle tecnologie, nella sanità, nelle telecomunicazioni, nei settori finanziari e assicurativi e persino nel settore agroalimentare.

Resta fermo, però, il principio che tale istituto possa trovare applicazione solo in caso di rischio per la sicurezza e l’ordine pubblico e per la tutela dell’interesse nazionale in settori e filiere strategiche. I progressivi ampliamenti settoriali han fatto sì che nella prassi economica vengano notificate al Governo acquisizioni, cessioni, fusioni, atti di straordinaria amministrazione effettuate da imprese italiane o da investitori italiani relative ad imprese e società anch’esse italiane. Orbene tale prassi, dettata dall’evitare il rischio di una sanzione per la mancata notifica, va ben oltre la ratio e la lettera della norma sul golden power.

Ciò premesso appare lecito chiedersi se possa essere definita ‘straniera’ una società come UniCredit ad azionariato diffuso con un capitale flottante pari al 100% delle azioni, quotata alla Borsa di Milano con una rete di sportelli e con un volume di raccolta e di impieghi maggiormente presenti sul territorio italiano.

Mi corre l’obbligo, ancor prima di formulare la mia interpretazione, di affermare che, nonostante avversa dottrina, a mio modesto avviso il golden power non è applicabile ai capitali provenienti dall’Unione Europea, perché in tal caso ci troveremmo in una palese violazione delle norme eurounitarie in materia di libera circolazione dei capitali e tale applicazione sarebbe censurata dalla Corte di Giustizia di Lussemburgo. Rammento che un’ipotizzata applicazione di tale istituto all’acquisizione da parte della francese Safran della Microtecnica non ha poi trovato applicazione.

E’ certamente vero che ad oggi il 38% del capitale di Unicredit faccia riferimento a investitori provenienti dagli Stati Uniti e un ulteriore 26% a investitori del Regno Unito, ma questa situazione ha un carattere fotografico e non dinamico, se si riflette che il 100% delle azioni e’ quotato. Se dunque l’elemento della proprietà contingente non è dirimente, esso, proprio per l’assenza di un azionista di riferimento stabile, difficilmente può qualificare come straniera un’impresa. Più logicamente per attribuire una nazionalità ad una banca dovremo fare riferimento alla sua sede legale, alla vigilanza della Banca Centrale Europea, al controllo della CONSOB, alla sottoposizione al giudice italiano dei suoi contenziosi, alla cittadinanza dei suoi dipendenti, alle citate provenienze dei risparmi raccolti e alle nazionalità delle imprese e delle famiglie che attingono ai suoi finanziamenti. Altro e diverso discorso è la difesa dell’indipendenza e dell’identità di una banca come BPM che da sempre opera nel territorio con una forte integrazione economica e sociale. Ciò può essere correttamente perseguita ma non con l’istituto del golden power.

Cesare San Mauro

Titolare della Cattedra di Diritto del Mercato e degli Strumenti Finanziari Facoltà di Economia Università La Sapienza Roma

Infrastrutture italiane: un focus sulle privatizzazioni autostradali

Un quadro generale delle infrastrutture italiane

L’Italia può contare su una rete infrastrutturale sviluppata, che comprende autostrade, ferrovie, porti e aeroporti. Tuttavia, negli anni si sono evidenziate alcune criticità, come la manutenzione carente di alcune tratte autostradali e la necessità di ammodernamento di alcune linee ferroviarie.

Le privatizzazioni delle autostrade: un dibattito ancora aperto

Il processo di privatizzazione delle autostrade italiane è iniziato negli anni ’90, a ridosso del nuovo millennio, e ha visto il passaggio di importanti concessioni da enti pubblici a società private. Questo processo ha generato un dibattito ancora aperto, con sostenitori e detrattori che ne evidenziano rispettivamente i benefici (come l’aumento degli investimenti e l’efficienza gestionale) e i rischi (come l’aumento dei pedaggi e la minore attenzione alla manutenzione).

Il ruolo di Cassa Depositi e Prestiti

Un ruolo centrale nelle privatizzazioni e nella gestione delle infrastrutture è stato assunto da Cassa Depositi e Prestiti (CDP), una società a controllo pubblico che ha partecipato a diverse operazioni di acquisizione di quote di società concessionarie autostradali.

Alcuni casi specifici: Ferrovie dello Stato e Raiway

Oltre alle autostrade, il processo di privatizzazione ha coinvolto anche altri settori, come quello ferroviario con la liberalizzazione del trasporto ferroviario e la creazione di società come Raiway per la gestione dell’infrastruttura ferroviaria.

Orizzonti e prospettive: verso un nuovo interventismo pubblico?

Il contesto politico italiano ed europeo è in continua evoluzione e si intravede una possibile nuova stagione di interventismo pubblico nel settore delle infrastrutture, con un maggiore coinvolgimento dello Stato nella pianificazione e nel finanziamento delle opere.

Conclusioni

Le privatizzazioni delle autostrade in Italia hanno rappresentato un cambiamento significativo nel panorama infrastrutturale del paese. Il dibattito sui loro effetti è ancora in corso e sarà interessante osservare come evolverà il ruolo del settore pubblico e privato nei prossimi anni.

Approfondimenti

Per approfondire il tema delle privatizzazioni e del diritto delle reti nei mercati regolati, si consiglia la lettura del libro “Manuale di diritto delle reti nei mercati regolati. Appunti: Capitolo Secondo – Le privatizzazioni” di Cesare San Mauro.